Scoprire la privacy nei chatbot ai: cosa rivela la ricerca di Surfshark

L’analisi di Surfshark sui principali chatbot rivela preoccupazioni sulla privacy, evidenziando la raccolta di dati personali e pratiche discutibili, invitando gli utenti a riflettere sui rischi connessi.

L’emergere dell’intelligenza artificiale generativa e dei chatbot come ChatGPT, Gemini e Claude ha sollevato importanti interrogativi sulla privacy degli utenti. Con la crescente diffusione di questi strumenti, Surfshark, un noto fornitore di servizi VPN, ha condotto uno studio per analizzare come dieci dei principali chatbot gestiscano e raccolgano i dati personali. I risultati offrono uno sguardo prezioso non solo sull’effettiva quantità di dati raccolti, ma anche sulle pratiche di gestione della privacy all’interno di queste applicazioni.

La metodologia dell’analisi di Surfshark

Il primo passo fondamentale per Surfshark è stato identificare i dieci chatbot più usati sul mercato. La ricerca si concentra su un confronto dettagliato, esaminando vari aspetti legati alla privacy in base alle informazioni disponibili sull’Apple App Store. L’analisi ha preso in considerazione diversi criteri, come il numero di dati raccolti dai chatbot, se questi dati sono collegati a profili utente specifici e se le applicazioni consentono l’inserimento di pubblicità da terze parti. Questo approccio rigoroso ha permesso a Surfshark di fornire un quadro chiaro delle pratiche di raccolta dati.

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Tra i chatbot analizzati figurano nomi noti come ChatGPT, Claude, Copilot e Gemini. Secondo l’indagine, tutti questi strumenti raccolgono dati degli utenti, evidenziando che in media ciascuna app raccoglie circa 11 delle 35 tipologie di dati possibili. Dei chatbot esaminati, il 40% è stato trovato implicato nella raccolta di dati sulla posizione degli utenti, e il 30% denuncia di condividere dati con inserzionisti di terza parte, rivelando un panorama di raccolta informazioni che potrebbe destare preoccupazioni.

La classifica dei chatbot in termini di raccolta dati

Uno dei risultati più intriganti dell’analisi condotta da Surfshark riguarda la classifica della quantità di dati raccolti dai vari chatbot. Inaspettatamente, DeepSeek, spesso al centro di polemiche sulla privacy, si colloca solo al quinto posto. La classifica, che vedrà al primo posto Google Gemini, mostra come questo chatbot raccolga ben 22 dei 35 possibili dati, inclusi quelli sulla posizione, contatti, e la cronologia di navigazione. Al contrario, ChatGPT raccoglie meno della metà dei dati di Gemini, limitandosi a 10 tipologie, tra cui anche informazioni di contatto e cronologia delle chat. Un aspetto interessante è la funzione di chat temporanee di ChatGPT, che consente ai suoi utenti di eliminare automaticamente i dati raccolti dopo un mese.

L’importanza della gestione e utilizzo dei dati

Non è solo la quantità dei dati raccolti che solleva interrogativi, ma anche il modo in cui vengono gestiti e utilizzati. Dalle analisi effettuate, è emerso che alcune delle app più voraci riguardo alla raccolta di dati, come Microsoft Copilot, Poe e Jasper, sono sospettate di rivendere queste informazioni a broker per campagne pubblicitarie mirate. Queste pratiche mettono in luce la necessità di una maggiore consapevolezza nell’uso di chatbot, poiché gli utenti devono essere informati del fatto che i loro dati potrebbero essere utilizzati per scopi profittevoli.

DeepSeek rappresenta una situazione intermedia, raccogliendo 11 tipologie di dati e archiviando queste informazioni su server situati nella Repubblica Popolare Cinese. Questa scelta di archiviazione potrebbe ulteriormente complicare le questioni legate alla privacy, poiché le leggi sulla protezione dei dati in quella regione possono differire drasticamente rispetto agli standard occidentali.

L’analisi proposta da Surfshark, pur non dichiarando quale sia il chatbot più sicuro o migliore, invita gli utenti a riflettere con attenzione sui rischi connessi all’uso di questi servizi. Con la presenza di diverse opzioni disponibili, è fondamentale essere informati e vigilanti, affinché le scelte quotidiane non compromettano la propria privacy.

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