La duplice faccia dell’intelligenza artificiale nel lavoro: studio sottolinea rischi per la reputazione

L’uso dell’intelligenza artificiale nel lavoro aumenta l’efficienza, ma uno studio dell’Università di Duke rivela che può danneggiare la reputazione professionale degli utenti, generando pregiudizi sociali.

Negli ultimi anni, l’uso dell’intelligenza artificiale nel mondo del lavoro ha guadagnato terreno grazie alla sua capacità di aumentare l’efficienza e la produttività. Tuttavia, un nuovo studio dell’Università di Duke mette in luce un aspetto più oscuro di questo fenomeno. Secondo la ricerca, sebbene gli strumenti di intelligenza artificiale come ChatGPT, Claude e Gemini possano migliorare le performance lavorative, possono contemporaneamente intaccare la reputazione professionale degli utenti. Questo articolo esplora a fondo le principali scoperte della ricerca.

I risultati dello studio dell’Università di Duke

Il 21 settembre 2023, la rivista Proceedings of the National Academy of Sciences ha pubblicato uno studio che evidenzia i costi sociali associati all’utilizzo di strumenti di intelligenza artificiale in ambito lavorativo. Gli autori del lavoro, Jessica A. Reif, Richard P. Larrick e Jack B. Soll della Fuqua School of Business, hanno condotto un’analisi approfondita su oltre 4.400 partecipanti per comprendere come la società giudica chi si avvale di questi strumenti. Il titolo del documento, “Evidence of a social evaluation penalty for using AI”, riassume chiaramente il problema: gli utenti di AI vengono frequentemente percepiti come meno competenti e motivati dai colleghi e dai superiori.

I risultati delle indagini non solo confermano il pregiudizio sociale verso coloro che utilizzano l’AI, ma mostrano anche che questo bias non è limitato a particolari gruppi demografici. Infatti, la pena sociale associata all’uso di strumenti di intelligenza artificiale si estende a una gamma di individui indipendentemente da età, genere e occupazione.

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L’esperimento e le sue implicazioni

Nel primo esperimento, i partecipanti sono stati messi di fronte a una situazione ipotetica in cui dovevano scegliere tra l’uso di un strumento di intelligenza artificiale e uno tradizionale per la creazione di dashboard. I risultati hanno rivelato una chiara percezione negativa nei confronti di chi optava per l’AI. Gli individui che utilizzavano strumenti di intelligenza artificiale si aspettavano di essere giudicati con meno serietà, ritenuti più pigri e poco competenti rispetto ai colleghi che si avvalevano di tecnologie convenzionali. Inoltre, molti di loro hanno manifestato una ridotta propensione a rivelare l’impiego di AI ai colleghi e superiori, evidenziando un timore radicato riguardo al giudizio sociale.

Il secondo esperimento ha avvalorato queste preoccupazioni. Quando i partecipanti dovevano valutare delle descrizioni di dipendenti, era evidente che coloro che ricevevano assistenza da strumenti di intelligenza artificiale venivano percepiti come meno diligenti, incapaci e sostituibili rispetto a chi riceveva supporto da fonti non intelligenti o che non riceveva alcun aiuto.

Le dimensioni del pregiudizio sociale

Le conclusioni degli studiosi di Duke pongono l’accento su un dilemma significativo per chi sta considerando l’adozione di strumenti di intelligenza artificiale: nonostante i vantaggi in termini di produttività, come si può convivere con le potenziali ripercussioni sulla propria immagine professionale? La ricerca suggerisce che, sebbene l’intelligenza artificiale possa offrire un aiuto inestimabile in molte situazioni lavorative, è necessario ponderare le conseguenze sociali che questo può comportare.

Il fatto che la stigmatizzazione dell’uso di AI sia ugualmente distribuito tra diverse categorie demografiche è allarmante. Gli autori della ricerca hanno confermato che né l’età, né il sesso, né la professione influenzano le valutazioni negative derivate dall’uso di strumenti digitali avanguardistici. Questo suggerisce un clima di diffidenza più generale verso l’intelligenza artificiale, che potrebbe costringere i lavoratori a riflettere attentamente sulle modalità di integrazione di tali tecnologie nel loro lavoro quotidiano.

L’analisi dell’Università di Duke funge da monito per sia alle aziende che agli individui. L’adozione di queste tecnologie deve essere accompagnata da una consapevolezza critica dei rischi sociali che possono derivarne, per preservare non solo la propria reputazione, ma anche l’armonia all’interno dei team di lavoro.

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