Due giovani imprenditori propongono uno strumento AI per “imbrogliare” a lavoro

Due ex studenti della Columbia University presentano Cluely, un assistente virtuale che promette di semplificare le interazioni lavorative, ma affronta sfide tecniche ed etiche nella sua applicazione pratica.

Un nuovo strumento tecnologico sta attirando l’attenzione per il suo approccio audace e provocatorio. Due ragazzi di ventuno anni, ex studenti della Columbia University, hanno ideato Cluely, un assistente virtuale che promette di rendere più semplici le interazioni lavorative e sociali, puntando sull’idea di “imbrogliare” nei contesti professionali. Con un finanziamento di 5,3 milioni di dollari, i fondatori non si risparmiano nel presentare il loro obiettivo: “Vogliamo imbrogliare in tutto”. Ma quanto è realmente efficace questa proposta?

La proposta di Cluely: un assistente AI “invisibile”

Cluely si presenta come un assistente virtuale che lavora dietro le quinte durante incontri, colloqui di lavoro e chiamate di vendita. Durante l’uso, il tool legge il tuo schermo e ascolta l’audio, promettendo di fornire risposte tempestive alle domande che potrebbero sorgere nel corso della comunicazione. I fondatori affermano che Cluely consentirebbe di apparire più preparati e intelligenti senza che nessuno possa accorgersene. Quando si tratta di vendere un prodotto, avere a disposizione informazioni dettagliate su un potenziale cliente e sull’azienda è presentato come un superpotere che permetterebbe di rispondere a qualsiasi obiezione, come se si fossero condotte svariate ore di ricerca.

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Durante un’intervista video, Chungin “Roy” Lee, cofondatore di Cluely, ha descritto la sua invenzione come una forma estrema di utilizzo dell’intelligenza artificiale. Non è una novità che gli imprenditori di tecnologia alimentino le aspirazioni di trasformare il mondo attraverso l’AI. Lee ha già attirato l’attenzione per un precedente progetto, Interview Coder, un’app che prometteva di aiutare gli sviluppatori a “imbrogliare” nei colloqui di lavoro. Questo approccio lo ha persino portato a essere sospeso dalla Columbia.

Gli alti e bassi del test di Cluely

Dopo un avvio promettente con la campagna pubblicitaria, in cui Lee ha messo in scena situazioni di “imbroglio” durante un appuntamento, ho pensato di testare Cluely personalmente. L’idea era di utilizzare il tool durante un colloquio per raccogliere informazioni più rapidamente. Ma la realtà è stata ben diversa. La tecnologia non si è rivelata così infallibile come promesso. Le aspettative di un’interazione fluida sono state deluse da problemi tecnici, in particolare con i suoni e la difficoltà di generare risposte in modo tempestivo.

Durante un incontro su Zoom con Lee, la connessione audio si è rivelata problematica e le risposte dell’AI si sono dimostrate lente e poco incisive. Spesso ci si trova a digitare su una tastiera meccanica, mirando a produrre risultati rapidi, mentre chi ascolta può notare l’inefficienza. La frustrazione aumenta quando gli scambi di idee non rispettano i tempi e la conversazione si interrompe. Lee ha riconosciuto che il prodotto è nelle sue fasi iniziali, ma quello che si presenta come una visione ben congegnata deve affrontare sfide concrete nell’esecuzione.

Le problematiche etiche e legali

Se l’idea di utilizzare un assistente AI per “imbrogliare” risulta provocatoria, vi sono anche questioni legali e etiche da considerare. In molte situazioni professionali, è indispensabile informare le altre persone coinvolte sull’uso di tali tecnologie, per non incorrere in problematiche legate al consenso. Utilizzando Cluely in riunioni ufficiali, è consigliabile avvisare il team della sua presenza, il che potrebbe compromettere l’idea stessa di “imbrogliare”.

Dopo aver chiesto il consenso delle persone presenti, le difficoltà generate dal software sono diventate evidenti. Durante una riunione di lavoro, il continuo feedback audio di Cluely ha messo a dura prova la pazienza dei colleghi. Se il lavoro di squadra richiede chiarezza e collaborazione, interferenze e malfunzionamenti possono risultare letali per l’efficacia. La tecnologia deve offrire un valore aggiunto reale piuttosto che complicare ulteriormente un’interazione già complessa.

L’idea di un futuro potenzialmente rivoluzionario

I fondatori di Cluely credono fermamente in un futuro in cui l’AI possa alleviare le persone dalle incombenze quotidiane, consentendo di concentrarsi su attività più appaganti e significative. La proposta di utilizzare l’AI come un compagno invisibile nei colloqui e nelle vendite è affascinante, e potrebbe realizzarsi in un contesto più maturo tecnologicamente. La sfida principale rimane nell’evoluzione della tecnologia e nella capacità di essa di risolvere i problemi, diventando una risorsa realmente valida nel mondo del lavoro.

Nel frattempo, la domanda cruciale resta: l’uso di Cluely possa portare a un’effettiva valorizzazione delle proprie capacità comunicative o si rischia di iscrivere un’idea che non riesce a decollare nella pratica? Se il premio è apparire più intelligenti, si pone il quesito se ogni imbroglio valga il prezzo della sostanza e della sincerità nelle interazioni.

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