SoundCloud al centro delle polemiche: l’inclusione di una clausola sull’AI nei termini di servizio

L’uso dell’intelligenza artificiale nei servizi digitali solleva preoccupazioni tra utenti e professionisti, con SoundCloud che introduce clausole controverse simili a quelle di Adobe nei suoi termini di servizio.

Negli ultimi tempi, la questione dell’uso dell’intelligenza artificiale nei servizi digitali ha sollevato preoccupazioni tra utenti e professionisti. SoundCloud è l’ultima azienda ad affrontare polemiche dopo aver introdotto in silenzio una clausola riguardante l’intelligenza artificiale nei suoi termini di servizio, che consente all’azienda di utilizzare i contenuti degli abbonati per l’addestramento di modelli AI.

La controversia di Adobe

La polemica su SoundCloud non è un caso isolato. Diverse aziende sono state criticate in passato per simili manovre, con Adobe che rappresenta uno dei più eclatanti esempi. Già nel giugno dello scorso anno, Adobe ha modificato i termini e le condizioni delle sue applicazioni, tra cui Photoshop, suscitando l’indignazione di molti utenti professionali. La modifica sosteneva che la società avesse il diritto di accedere ai contenuti creati dagli utenti, di utilizzarli liberamente e, addirittura, di concederli in sublicenza a terzi. Questa condizione ha portato Adobe a forzare gli utenti a concordare i nuovi termini per continuare a utilizzare le loro app, isolandoli fino a quando non avessero accettato le nuove clausole.

All’inizio, la società ha minimizzato la controversia, ma si è poi vista costretta a fornire una spiegazione più chiara riguardo a tali cambiamenti. Questo è servito a smorzare le preoccupazioni, almeno in parte, ma ha lasciato un segno sull’immagine dell’azienda.

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SoundCloud e la clausola controversa

Di recente, Ed Newton-Rex, commentatore nel settore tecnologico, ha scoperto che SoundCloud aveva inserito silenziosamente nella propria sezione di termini e condizioni una clausola simile a quella di Adobe. Secondo questa clausola, gli utenti accettano esplicitamente che il loro contenuto possa essere utilizzato per informare, addestrare e sviluppare tecnologie o servizi di intelligenza artificiale e machine intelligence.

Dopo la scoperta, SoundCloud ha rilasciato una dichiarazione per chiarire la natura della clausola. La compagnia ha sottolineato che non ha mai utilizzato il contenuto degli artisti per addestrare modelli di AI, né sviluppa strumenti di AI o consente a terze parti di utilizzare i contenuti provenienti dalla sua piattaforma per tali scopi. In effetti, SoundCloud ha implementato misure tecniche per impedire l’uso non autorizzato, come la presenza di un ‘no AI tag’ sul sito. La società ha inoltre dichiarato che eventuali applicazioni future di AI saranno progettate per supportare gli artisti umani, migliorando gli strumenti a loro disposizione e amplificando le loro opportunità sulla piattaforma.

L’ambiguità dei termini di servizio

Nonostante le spiegazioni di SoundCloud, la formulazione della clausola resta ambigua e il messaggio non è del tutto chiaro. Come nel caso di Adobe, la mancanza di chiarezza nei termini di servizio può alimentare malcontento tra gli utenti. Se le aziende vogliono prevenire polemiche e garantire la fiducia dei loro clienti, sarebbe opportuno specificare in modo dettagliato e inequivocabile nei loro termini cosa intendono fare, quali sono le limitazioni e quali diritti gli utenti mantengono sui propri contenuti.

In un clima in cui la tecnologia avanza a ritmi rapidi, le aziende come SoundCloud dovrebbero considerare l’importanza di un dialogo trasparente e diretto con gli utenti, per evitare fraintendimenti e mantenere una reputazione positiva nel settore.

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