Apple rischia grosso anche in Italia. Altroconsumo lancia la class action e chiede un risarcimento di 60 milioni di euro

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Dopo aver sborsato fior di milioni negli USA, Apple rischia di dover risarcire profumatamente anche gli utenti italiani. L’associazione dei consumatori Altroconsumo ha annunciato nelle scorse ore di aver avviato una class action contro Apple per “obsolescenza programmata”, una strategia volta a definire il ciclo vitale di un prodotto in modo da limitarne la durata a un periodo prefissato.

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Altroconsumo chiede un risarcimento di 60 milioni di euro per conto dei consumatori italiani che sarebbero stati “ingannati” dalla pratica portata avanti dal gigante di Cupertino. La causa riguarda in particolare gli iPhone 6: oltre al modello “standard”, anche iPhone 6 Plus, iPhone 6s e iPhone 6s Plus.

“Quando i consumatori acquistano gli iPhone di Apple, si aspettano prodotti di qualità sostenibile. Sfortunatamente, non è quello che è successo con la serie ‌iPhone‌ 6. Non solo i consumatori sono stati ingannati, ma hanno dovuto fare i conti anche con frustrazione e danni finanziari, da un punto di vista ambientale. Un comportamento assolutamente irresponsabile “, ha affermato Els Bruggeman, Head of Policy and Enforcement presso Euroconsumers. “Questa nuova causa è l’ultimo fronte nella nostra lotta contro l’obsolescenza programmata in Europa. La nostra domanda è semplice: i consumatori americani hanno ricevuto un risarcimento, i consumatori europei vogliono essere trattati con la stessa correttezza e rispetto”.

Ma su cosa fa riferimento la class action portata avanti da Altroconsumo? Il nodo del contendere è la versione 2017 di iOS 10.2.1, che includeva una funzionalità che limitava le prestazioni degli iPhone più vecchi con batterie in esaurimento per impedire gli arresti del dispositivo durante l’utilizzo più intenso. Apple non ha chiarito che per evitare gli arresti sarebbe necessario ridimensionare le prestazioni del dispositivo: una grave superficialità che ha portato a un’enorme protesta dei consumatori, con contraccolpi presenti ancora oggi.

L’Italia nel 2018 ha già multato Apple di 10 milioni di euro per “pratiche commerciali disoneste” per aver implementato un aggiornamento che “ha causato gravi malfunzionamenti e prestazioni notevolmente ridotte, accelerando così la sostituzione dei telefoni”.

Apple, dal canto suo, ritiene che l’idea dell’obsolescenza pianificata è assurda: secondo il colosso di Cupertino, l’aggiornamento iOS 10.2.1 è stato infatti progettato per far durare più a lungo gli iPhone, prevenendo interruzioni nell’utilizzo. A seguito del fiasco, Apple ha implementato le funzionalità relative alla salute della batteria in iOS e ha lanciato un programma di sostituzione della batteria a prezzi molto contenuti, ma ha comunque dovuto affrontare diversi problemi legali relativi alle richieste di obsolescenza programmata.

La precedente causa italiana e la multa sono state imposte dalle autorità di regolamentazione, mentre la causa corrente chiede il risarcimento dei danni ai consumatori. Altroconsumo chiede in media un risarcimento di 60 euro per tutti i possessori degli iPhone interessati da questa problematica.

L’Italia non è l’unico Paese dove è stata avviata una class action nei confronti dell’azienda del CEO Tim Cook. Apple sta infatti affrontando cause legali molto simili anche in Belgio e Spagna, e stando a quanto emerso sul web dovrebbe essere ufficializzata una quarta causa legale collettiva nel giro di poco.

L’Italia sta inoltre indagando su Apple per pratiche commerciali improprie in relazione ai servizi di cloud computing e recentemente ha multato Apple di altri 10 milioni di euro per “affermazioni fuorvianti” in merito alla presunta resistenza all’acqua di diversi modelli di iPhone. La capacità di resistenza all’acqua, infatti, era garantita solo in presenza di determinate condizioni, ovvero “durante specifici e controllati test di laboratorio con utilizzo di acqua statica e pura”. Va da sè che la resistenza notata in laboratorio non poteva essere la stessa nelle normali condizioni d’uso dei dispositivi da parte dei consumatori, pertanto Apple è stata accusata di pubblicità ingannevole.

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